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Mini tre porte, una hatch intramontabile

Mini. E hai detto tutto: una delle auto più intriganti e rivoluzionarie del secolo scorso, tanto iconica da meritare un sequel a partire dal 2000. E un futuro garantito, che inizierà l'anno prossimo. Certo, con un design rinnovato e un mix diverso dei powertrain, ma senza tradire i concetti base, anzi, cercando di metterli ancora più in evidenza. Insomma, è la simpatica inglesina a tre porte la protagonista di questa nostra puntata di "Ieri, oggi, domani", una “piccola peste” che ha saputo attraversare i decenni, le epoche, aggiornandosi di continuo e riuscendo ad andare incontro ai gusti sempre in evoluzione dei clienti. Con la nonchalance dei grandi.

Ieri. La Mini, l'originale, esordisce nel 1959 e nasce da una felice intuizione di Alec Issigonis (poi nominato baronetto), che crea per la British Motor corporation (BMC) un'auto piccola, ma spaziosa in relazione agli ingombri, grazie a sbalzi ridottissimi e all'adozione del motore anteriore trasversale: uno schema che poi ha fatto scuola nel mondo per via del maggiore agio che garantisce ai passeggeri. In effetti, la prima Mini è lunga appena 3,05 metri e ha un passo di 2,04, ma può ospitare quattro persone. Caratteristici, all'interno, il quadro strumenti centrale (come oggi, ma ben più ridotto) e la colonna dello sterzo molto inclinata. La Mini hatch, oltre a essere innovativa e modaiola, è pure molto divertente da guidare: un tratto che, negli anni, con il crescere della potenza (e l'arrivo delle versioni Cooper S), diventerà uno dei più distintivi del modello, impreziosito dalle indimenticabili vittorie ai Rallye di Monte Carlo del 1964, '65 e '67. Negli anni, l'inglesina viene commercializzata con marchi differenti, tra cui Austin, Morris, Rover, Mini stesso e pure Innocenti: quest'ultima, già famosa per lo scooter Lambretta, realizza l'auto su licenza a Lambrate, Milano. Nel Regno Unito la produzione continua fino al 2000, quando la “numero uno” va in pensione ed è già in rampa di lancio il modello di ritorno, realizzato sotto l'egida della BMW, che nel 1994 ha acquisito il Gruppo Rover (che comprendeva il marchio Mini). L'inglese del Duemila, uscita dalla geniale matita dell'americano Frank Stephenson, è più grande, raffinata e potente dell'originale. Ne ricorda gli stilemi fondamentali, ma presenta una forte dose di modernità. La prima generazione del nuovo corso (che è lunga 3,6 metri e offre anche motori diesel e, in seguito, la versione sportiva John Cooper Works) esordisce nel 2001 e conclude il suo ciclo di vita nel 2007. L'erede, che sfrutta una piattaforma riprogettata e vanta una taglia un po' più grande, si differenzia anche per alcuni dettagli estetici nel frontale, in coda e all'interno. Sei anni ed è già tempo di terza serie, quella attuale, che viene presentata verso la fine del 2013. Più grande e spaziosa ancora, oltre che interessata da diversi aggiornamenti nel corso della carriera, la Mini III è giunta nelle sue successive versioni fino a oggi.      

Oggi. Alla terza generazione, lanciata nel 2014, appartiene la Mini attuale che, dunque, comincia ad avere un po' di anni sulle spalle, per quanto ben portati grazie ai progressivi aggiornamenti di cui dicevamo poc'anzi. Per adattarsi ai tempi, l'inglesina ha anche dovuto fare qualche rinuncia, dicendo addio al diesel dal 2019: giusto un anno prima di introdurre la versione elettrica, con il suo powertrain da 184 cavalli e un'autonomia dichiarata di oltre 200 chilometri. Il presente della Mini tre porte, perciò, è in un certo senso già proiettato al futuro, per quanto sia ancora il modello termico a fare la parte del leone nelle vendite. La gamma odierna, monopolizzata da motori turbobenzina a tre e quattro cilindri, spazia dai 136 cavalli della Cooper liscia per arrivare ai 231 della John Cooper Works, passando per i 178 della Cooper S. Ma è evidente come questa serie stia temporeggiando, in attesa di voltare pagina. Dopotutto, la nuova generazione è quasi dietro l'angolo.

Domani. La Casa lo ha già anticipato: nel 2023 verrà presentata una nuova famiglia di elettriche che includerà, tra le altre, la Mini tre porte. Tuttavia, ciò non significa “semaforo rosso” per l'endotermico. Con la quarta generazione (quinta, se consideriamo l'originale del 1959), le due tecnologie coesisteranno - dopotutto il brand prevede di passare a un'offerta solo elettrica nel 2030 - su una base tecnica rinnovata, ottimizzata per la propulsione a batteria, ma ancora aperta ai motori a combustione (unicamente a benzina): presumibilmente si tratterà di versioni aggiornate degli attuali 1.5 e 2.0 litri. Ma come sarà la nuova Mini tre porte? Tra foto spia, immagini di muletti e anticipazioni, della prossima hatchback sono già emersi alcuni indizi, sulla base dei quali abbiamo realizzato le nostre ricostruzioni grafiche esclusive. Apparentemente, le dimensioni della vettura non dovrebbero discostarsi granché dagli attuali 3,86 metri di lunghezza, mentre il design proporrà superfici pulite, pochi orpelli e una calandra ottagonale, più elaborata rispetto a quella di oggi. Gli “occhi” saranno ancora grandi e tondi, immediatamente riconoscibili dalla circonferenza a Led e, forse, ulteriormente caratterizzati da una barra orizzontale luminosa inserita al centro: un elemento, quest'ultimo, apparso nelle più recenti immagini dei prototipi camuffati diffuse dalla Casa. Parlando invece degli interni, l'approccio progettuale improntato alla semplicità e all'essenzialità potrebbe portare a una plancia leggera, ma estremamente moderna. La nuova Mini potrebbe rinunciare alla classica strumentazione davanti al guidatore, sostituita dal solo head-up display, conservando però alcuni comandi fisici, tra cui gli ormai iconici interruttori a levetta. Detto questo, l'infotainment avrà display e unità di controllo completamente digitali e sfrutterà la tecnologia Oled: una soluzione – come probabilmente ce ne saranno altre – mutuata dalla concept Mini Vision Urbanaut.




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