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Stagnaro: "Caro carburanti, c'è spazio per un taglio strutturale delle accise"

"C'è spazio per un taglio stutturale delle accise, ma deve essere attentamente calibrato" per non replicare gli effetti "perversi" dell'attuale misura "transitoria" varata dal governo. Ne è convinto Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi dell'Istituto Bruno Leoni (un organismo no profit di studi e ricerche, nato nel 2003 con l'intento di promuovere idee in favore del libero mercato), che, in questa intervista a Quattroruote, esprime forti critiche anche ad altri interventi dell'esecutivo, tra i quali la tassazione degli extra-profitti delle società energetiche, e attacca gli incentivi alla mobilità elettrica. 

Da tempo si parla di rendere strutturale il taglio delle accise, ma gestori degli impianti e Confindustria sono contrari. Come stanno le cose?
Le accise italiane sono tra le più alte in Europa. Quindi, lo spazio per un taglio c'è. Sarebbe tuttavia contraddittorio con la volontà politica di disincentivare l'uso dei combustibili fossili nell'autotrazione. Inoltre, la fiscalità sui carburanti rappresenta una fonte importantissima di gettito fiscale: in un anno "normale" parliamo di circa 25 miliardi di euro, pari a circa il 5% del totale delle entrate tributarie. Un intervento del genere, dunque, deve essere attentamente calibrato. Ciò che invece rischia di generare effetti perversi è un taglio transitorio, come quello che è stato introdotto dal Governo, che rischia di mitigare il segnale di prezzo e, contemporaneamente, di creare significativi problemi nel momento in cui si tornerà al regime ordinario. Semmai, sarebbe utile rivedere le accise in modo tale da pareggiarne i livelli, a parità di gettito complessivo, attraverso un graduale incremento dell'accisa sul gasolio e riduzione di quella sulla benzina. 

Il prelievo sugli extra profitti delle compagnie petrolifere può essere una misura contingente, ma è possibile immaginare un sistema che defiscalizzi i prodotti energetici, anziché procedere con le politiche dei sussidi, a cittadini e imprese?
Credo che il prelievo straordinario sia una misura non solo disegnata molto male dal punto di vista tecnico (in quanto colpisce un aggregato che non ha nulla a che fare con gli utili delle imprese) ma anche dannosa. In una situazione come quella attuale bisogna spingere le imprese ad aumentare l'offerta di prodotti energetici: colpirle in modo così violento rischia di eliminare ogni incentivo all'aumento dell'offerta. In generale, comunque, credo che si debba uniformare la tassazione energetica in misura proporzionale al danno ambientale che il consumo dei singoli prodotti energetici effettivamente causa, invece di tassare e sussidiare in modo disordinato e inefficace le singole tecnologie.

Il Fondo Monetario Internazionale sostiene che servano politiche fiscali agili con l'impennata dei prezzi di alimenti e fonti energetiche. Può essere l'occasione per una revisione generale delle politiche energetiche, oltre che di quelle fiscali?
In teoria sì, in pratica mi sembra che quasi nessun Paese stia affrontando la questione in questi termini. Tutti ragionano come se fossimo di fronte a un fenomeno transitorio, quando invece è purtroppo probabile che i prezzi delle commodity energetiche rimangano attorno agli attuali livelli per diversi anni. In questo contesto giocare di rimessa, sommando interventi straordinari e teoricamente transitori, rischia di aumentare l'entropia, anziché razionalizzare le politiche energetiche e fiscali e allinearle agli obiettivi specifici (sicurezza energetica, decarbonizzazione, tutela dei bassi redditi, ecc.).

Le rinnovabili come si collocano in questo frangente specifico? Ha ancora senso parlare di una via europea all'idrogeno? È realistico un impiego progressivamente sempre maggiore nell'industria della mobilità?
Le rinnovabili hanno oggi una grande opportunità di dimostrare che possono aiutare il sistema e che sono competitive. Purtroppo, interventi come la tassa sugli extra-profitti minano alla radice questa opportunità. Per quanto riguarda la mobilità in particolare, penso che l'attuale congiuntura sia estremamente favorevole sia all'elettrificazione dei consumi sia ai biocarburanti. Ma proprio per questo bisognerebbe lasciare al mercato e alla concorrenza il compito di trovare un equilibrio, senza "truccare" gli esiti del mercato attraverso politiche erratiche di tassazione e sussidio. Sull'idrogeno sono più scettico, almeno nella mobilità privata, mentre tendo a pensare che ci siano prospettive più rilevanti in alcuni usi industriali e nella mobilità pesante. Ma temo che la situazione allunghi i tempi perché l'idrogeno può essere prodotto o a partire dal metano, che in questo momento è ovviamente molto costoso, oppure con un grande dispendio di energia a zero emissioni (rinnovabile o nucleare) che ha più senso - economico e ambientale - immettere in rete anziché utilizzare per alimentare processi di elettrolisi. Nel medio termine però le cose cambieranno e lo scenario potrebbe essere molto più positivo per l'idrogeno.

In particolare, è pensabile lo sviluppo di una filiera italiana per l'idrogeno da impiegare nell'automotive? Ci sono già alcuni casi di imprese italiane che si sono attivate nel settore.
Come dicevo, vedo l'idrogeno più nella mobilità pesante (su gomma, su nave e forse aerea) che in quella leggera. Ma si tratta di una partita ancora aperta, dove non si è ancora imposto uno standard tecnologico e dove quindi l'Italia può trovare una sua specializzazione. Ancora una volta, è essenziale non uccidere in culla le possibili idee imprenditoriali pretendo di pilotarne gli sviluppi dall'alto, con scelte di tassazione o sussidio finalizzate a stabilire fin da subito il punto di arrivo. Lasciamo che siano l'ingegno degli imprenditori e l'interesse dei consumatori, non le preferenze di politici e burocrati, a dire se e quali opzioni meritano di essere perseguite.




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